Il nostro maggior bisogno 

L’ingegno umano ha creato macchine complesse per migliorare la sua vita materiale sul pianeta. Ma ancora più sofisticate sono le invenzioni, quelle che ha prodotto per fare fronte ai suoi bisogni psichici, di relazione emozionale con la vita e soprattutto con la morte, per accettare il fatto, razionalmente innegabile ma indigeribile, che vita e morte sono indissolubilmente legate e nonostante questo non si può perdere mai la speranza nella propria centralità.

Al riguardo qui posso fare solo qualche esempio un po’ a casaccio; l’argomento è del resto illimitato. Ma è il legame che collega in qualche modo concetti in apparenza lontanissimi: le Leggi della fisica e la “Transustanziazione”, il nastro di Moebius e le grafiche paradossali di Escher.

Sul primo termine ci si chiede perché parlare di “Leggi” che governano la fisica. Forse alla base dell’idea che la realtà sia così “per legge” c’è una commistione tra scienza, filosofia e religione occidentale, quella che arrivò a dire, con Hegel, che non solo ciò che è reale è razionale ma altresì solo quel che è razionale è perciò stesso anche reale. Ma non è vero: questa corrispondenza non si dà. Sia perché la realtà non dipende dalla volontà, mentre una legge si può obbedire o no; sia perché per alcuni versi neanche la realtà è uguale a se stessa e basta. Per la meccanica quantistica, che non è poco, la realtà non è com’è: è insieme anche come potrebbe essere. La scienza lo ha capito tra l’altro scoprendo che i fotoni, i quanti di luce, hanno natura di particella, e dunque si muovono, ma anche di onda, e quindi non si muovono ma si limitano a trasmettere energia dall’uno all’altro come le onde del mare. I “device quantistici”, anche computer per capirci, esistono già; ma neanche la scienza sa perfettamente perchè funzionano. E tantomeno noi.

Da sempre misterica costruzione intellettiva è la teologia, anche se ci siamo abituati.
La “Transustanziazione” per i dottori della Chiesa cattolica è il miracolo per cui il pane dell’Ostia e il vino della Messa diventano realmente “il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo”; per altri, me compreso, è la parola con la quale è stata battezzata l’idea, per il vero un po’ “infernale”, di mangiarci un dio a colazione, per evitare il rischio che lui si mangi noi. Umanizzare l’onnipotenza eterna del resto non è pratica nuova: un tempo maremoti e terremoti erano l’ira di Nettuno, le eruzioni erano le incazzature di Vulcano, le carestie il dolore di Demetra. E chissà che non lo siano ancora.

Anche le rappresentazioni del paradossale rispondono alle medesime esigenze. Escher, che disegnava scale che salgono e che scendono in ogni dimensione, all’insù e all’ingiù ma anche rovesciate o infilate nella profondità del piano; sono il trionfo dell’irrealtà, ma esistono e convivono nello stesso spazio. 

Come il nastro di Moebius che gira rivoltato su se stesso, disegno o costruzione in 3D, lungo il quale si può camminare all’infinito sulla sua unica faccia (spt se si è formiche: cfr il disegno appunto di Escher del 1963).

Come gli oggetti paradossali, che si possono disegnare ma non costruire, vedi il cubo impossibile o il triangolo di Penrose, prospettive immaginarie che rendono visibile anche ciò che sfugge alla nostra finitezza. Il nostro maggior bisogno è sempre stato questo: giustificare il vivere e morire.

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Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.