L’educazione sessuale: si dice ma non si fa

Noi crediamo che i ragazzi di oggi sappiano tutto della sessualità solo perché il web consente accesso libero alla visualizzazione di qualsiasi cosa o perché, forti di presunzioni che ci dispensano da ogni iniziativa, pensiamo che le lezioni di educazione sessuale abbiano fatto il pieno di certezze. Non è così. Chi lo pensa sbaglia. I ragazzi neanche guardano certe assurdità dei web. C’è altro a quell’età. Ci si rincorre. Si gioca ancora e si cerca di imparare a giocare seriamente. Un tempo, parlando di sesso, si sosteneva che “si fa ma non si dice”. Oggi, per ciò che emerge, l’educazione sessuale si dice ma non si fa. Non voglio portare statistiche, ma percezioni. Lo leggo negli occhi di chi mi racconta la propria giovinezza, passata o presente, o quella dei nostri figli. O di chi la vive e che io per rapporti famigliari vedo o colgo. O intuisco. Un tempo si partiva con un grande bagaglio di ignoranza, e ogni scoperta poteva essere un passaggio veloce all’inferno e in paradiso. Non faceva paura, faceva gola. Come le fragole o il gelato. E qualche sogno era innescato da un qualsiasi fil di fumo. Allora dipendeva un po’ da te e un po’ dal caso, e dall’ambientazione intorno. Da quel che avevi dentro e da quello che qualcuno ti tirava fuori pescandolo da sé o quello che neanche sapevi di avere.

Un tempo era così. Esattamente come adesso.

“Sanno come si fa, hanno conoscenze ma non hanno competenze” dicono gli psico advisors. E quando mai? Ma chi può avercele le competenze in materia di sesso e amore a 15, 16, 18, 20 anni? Ma neanche a 60! Più si cresce e più ci si accorge di non avere imparato quasi nulla. Se non che la vita è questo. È fare questo giro, innanzitutto. Alla scoperta di se stessi ci si assaggia, si prova a misurare il proprio essere al mondo. Quanto valgo? Cosa mi manca? Cosa non so fare? La vita è poi un lungo percorso alla ricerca di quello che si sa o non si sa realizzare. O dire, o pensare almeno, o essere; che è un po’ la stessa cosa.

La crisi culturale nella quale siamo immersi non aiuta i nostri giovani in questi passaggi, che pure lasceranno in ciascuno di loro un’impronta profondissima, così forte che, se anche se si cancellasse con il tempo dimenticando tutto, prima o poi tornerà fuori in primo piano. 

Non li aiuta innanzitutto perché non gli racconta nulla di quello che saranno. Il futuro appare loro incerto come mai. E forse è peggio della guerra che imperversava follemente sulle nostre montagne oltre cent’anni fa. Perché la guerra è un fatto umano, che può travolgere moltissimi ma prima o poi finisce e tutto torna come deve essere

Ciò che si muove nel futuro dei nostri ragazzi è avvolto nella nebbia. Si avverte l’odore dei cambiamenti irreversibili. Lo sentono anche loro. E giustamente non vogliono ascoltare e non vogliono vedere neanche più i TG. Troppo terrorismo psicologico, partito come una valanga nella stagione del Covid e che nessuno ha più fermato. Anzi, altre paure sono state aggiunte. I giovani non vogliono vivere in questo eterno buio. Serve speranza ed entusiasmo per crescere e fare progetti. Che avesse poi ragione anche Pinocchio a voler schiacciare il Grillo parlante?

“Non dirmi cosa devo fare!” è la litania. E non è più solo la ricerca dell’autonomia nel lungo percorso verso l’età adulta: ora vuol dire anche “perché tanto non lo sai nemmeno tu e non lo sa nessuno”. Si sono accorti, i giovani, che come società diciamo una cosa e ne facciamo un’altra, che non c’è coerenza. E se non abbiamo imparato noi dai nostri sbagli, tanto che ne stiano preparando di peggiori, come pretendere che ascoltino consigli? Meglio lasciarli fare. Per tanto che si muovano, faranno sempre meglio di noi che siamo ancora incerti se lasciare il mondo in vita o se distruggerlo.

Tanto la corsa è e sarà sempre a cercare di essere esattamente ciò che siamo, e solo ciò che siamo stati ci dirà chi siamo.

Tempo verrà. Ma il tempo è sempre adesso.

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Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.