Aprite le porte

The Doors sono stati un grande gruppo, che ha raccolto un consenso planetario nonostante la morte precoce di Jim Morrison (nel 1971, a 27 anni), ma che oggi viene forse un po’ sottovalutato, probabilmente per la questione delle droghe, e per tutte quelle citazioni-fake che girano sul web. Certo, già il nome, “Le porte”,  ripreso dal libro di Aldous Huxley Le porte della percezione, dedicato alle esperienze dello scrittore inglese con la mescalina, lascia intuire quanto importante sia stata la cultura lisergica per la band. Ma i Doors sapevano scrivere canzoni bellissime, e i testi di Morrison, il “Re Lucertola”, cantante disperatamente sensuale, innamorato di Blake e Rimbaud, erano densi, profondi, visionari. Questo conta. Più della trasgressione. Più del mito. 

Il primo album uscì nel gennaio 1967, in piena epoca hippy. Di quella stagione, e di quella California, i Doors hanno incarnato l’anima meno ottimista, quella attratta dall’oscurità, dal rito, dall’eros, e, fatalmente, dal thanatos, dalla morte. Nessuna delle canzoni di questo straordinario esordio è superflua, a partire dai due classici, Light my Fire, lunga ben 7 minuti, e soprattutto The End, che Francis Ford Coppola volle nelle sequenze iniziali del suo Apocalypse Now, quelle con gli elicotteri che si levano dalla foresta del Vietnam in fiamme. Per comodità diremo che l’ispirazione di fondo è il blues. Ma il quartetto – oltre a Morrison, Ray Manzarek alle tastiere, Robby Krieger alla chitarra, John Desmore alla batteria – in realtà produceva una musica originale, fatta di pieni e di vuoti, che mescolava influenze diverse, traendone un rock a volte aggressivo, come nell’iniziale Break on Through, a volte drammatico come in The Crystal Ship o End of the Night, a volte dilatato dalle improvvisazioni strumentali. Alabama Song, cover di Brecht e Weil, è invece un’incursione nella Germania anni Venti, perfettamente riuscita. 

Ma The End – bisogna pur tornarci – è un lungo viaggio quasi-orientaleggiante (Krieger conosceva molto bene il sitar), che porta nel centro esatto del conflitto edipico: padre? Sì, figlio? Io voglio ucciderti. Madre? Io voglio… eccetera, eccetera.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.